mercoledì 21 marzo 2012

alla maniera dello studente

Questa tesi di laurea sulle anime l’ho scelta come argomento di tesi perché è un argomento di tesi che mi interessa abbastanza tramite il discorso di un argomento scelto da me per fare una tesi, che poi è un elaborato. L’anima ce l’anno tutti e secondo me lo studio è quindi molto importante perché secondo me interessa a tutti, anche se mia madre non è proprio d’accordo ma al professore piace, à detto di farla incoraggiandomi tramite parole gentili d’incoraggiamento, tipo «si, la faccia». Il primo capitolo che scriverò tra poco riguarda il tema essenziale dell’essere umano tramite la possibilità di cambiare, perché tutti sanno che è mutevole. Io ringrazio i miei genitori che mi anno risposto alle mie incessanti domande tramite cui ho capito i punti essenziali fondamentali dell’argomento qui di seguito proposto, che sarà l’anima di una mia amica di Foggia, che a me piace molto ma lei non lo so ancora, si vedrà, tramite gli sguardi e le senzazioni, in generale. La bibliografia che m’à dato il professore me la devo ancora leggere tutta, ma ho già guardato su internet che c’è tutto, così per il primo capitolo prendo da lì, poi vedremo. Questo tema essenziale dell’anima lo curerò tramite la mia amica di Foggia che si chiama Adelina, però anchio sono di Foggia anche se ciabito da poco, appena venuto alla stazione ho avuto il miracolo di inconrare Adelina, che adesso lo scriverei così si capisce meglio la mia scelta tramite il lavoro di tesi, io l’amo. Da adesso in poi copio dopo il primo capitolo che l’ho preso da wichipedia ed è perfetto.

L'URTEMA SAGLIUTA


L’urtema sagliuta
(alla maniera di S. Di Giacomo)

Chiano chiano
mont’ a china.
Chino chino
saglie su.

Mont’ a china
da Tuleto,
chiano chiano.
E nun saglie cchiù.

“Ti si’ fatt'
vicchiariell',
né, Pasquà,
nun cant' cchiù?”

Va pensanno, arrecurdanno.
Chiano chiano e nun saglie cchiù.

So’ vent’ann'. “E mo che d’è?
assettatevi, Pasquale”.
“Ma Adelina mia nun c’è?”

“‘A vulite ‘na pizzella?”
“Ma Adelina mia nun c’è?”
“’A tenite ‘na scarsella?”
“Nun ne tengo, tengo cchiù”.

Va pensanno, arrecurdanno.
Chiano chiano e nun saglie cchiù.

“Mò te siento, Adelina,
mò te parlo, parli tu?
T’arritruovo dint’o viento
‘na carezza ‘a bbuo dà tu?”

“Don Pasquà, ma ca tenite?
Don Pasquale… oddio currite!
Nina, Antò, Lucia, venite…
nun respira, parla cchiù”.

Va pensanno, arrecurdanno.
Chiano chiano e nun saglie cchiù.

Mò Pasquale sta int’o viento,
da Tuleto saglie su.
Tutt''e llacreme chiagnute
s’è scurdate. Nulla cchiù.

Va pensanno, arrecurdanno.
Chiano chiano e nun saglie cchiù

sabato 17 marzo 2012

FRAMMENTI




(alla maniera di Saffo) di Pilon

Frammenti - V (da Ateneo, XI)
… Adelina … i tuoi occhi come il mare di Lemno
mi hanno toccato il cuore …

… che Afrodite stanotte mi ha parlato

Frammenti - VI (da Strabone, VI)
Un’anima che vaga come il vento notturno
e mani silenziose che scompigliano la spuma delle onde
e i primi olivi… quasi sulla riva

capelli e leggiadri calzari

Frammenti - VII (Da Massimo Tirio, Dissert. XXIV)
Sei tu, Maura, che abiti il vento Aquilone?
Perché mi scrivi, ora, un canto sulla pelle?

E’ la tua anima ad abitare il vento?
… fino a Citno verdeggiante… e Ciocci

Frammenti - IX (dallo Scoliaste di Pindaro, Pizie, II, 12)
Vorrei essere l’orlo della tua veste
e le dita della tua mano…
… oh, se l’anima mia potesse trasmigrare!

Frammenti - XI (Da Erodiano, περὶ μονήρους λέξεως, p. 7)
Si sparge per la via
il canto di Lucia
richiamando frotte

di mignotte. 

venerdì 16 marzo 2012

alla maniera di uno studente

Tesi di laurea

Questa tesi di laurea sulle anime l’ho scelta come argomento di tesi perché è un argomento di tesi che mi interessa abbastanza tramite il discorso di un argomento scelto da me per fare una tesi, che poi è un elaborato. L’anima ce l’anno tutti e secondo me lo studio è quindi molto importante perché secondo me interessa a tutti, anche se mia madre non è proprio d’accordo ma al professore piace, à detto di farla incoraggiandomi tramite parole gentili d’incoraggiamento, tipo «si, la faccia». Il primo capitolo che scriverò tra poco riguarda il tema essenziale dell’essere umano tramite la possibilità di cambiare, perché tutti sanno che è mutevole. Io ringrazio i miei genitori che mi anno risposto alle mie incessanti domande tramite cui ho capito i punti essenziali fondamentali ineguagliabili dell’argomento qui di seguito proposto, che sarà l’anima di una mia amica di Foggia, che a me piace molto ma lei non lo so ancora, si vedrà, tramite gli sguardi e le senzazioni, in generale. La bibliografia che m’à dato il professore me la devo ancora leggere tutta, ma ho già guardato su internet che c’è tutto, così per il primo capitolo prendo da lì, poi vedremo. Questo tema essenziale ineguagliabile dell’anima lo curerò tramite la mia amica di Foggia che si chiama Adelina, però anchio sono di Foggia anche se ciabito da poco, appena venuto alla stazione ho avuto il miracolo di inconrare Adelina, che adesso lo scriverei così si capisce meglio la mia scelta tramite il lavoro di tesi, io l’amo. Da adesso in poi copio tramite internet proprio perche il primo capitolo che l’ho preso da wichipedia ed è perfetto.
E. 

mercoledì 14 marzo 2012

Le vent de Montparnasse 
(alla maniera di G. Brassens)

Qualcuno dovrà comporre la musica. Comunque questa prima parte è in maggiore, allegro bandistico.
Per favore: qualcuno dei 3000 contatti che va vantando l’Editore, potrebbe tradurla in un francese minimamente decente?

Sur l’escalier de Montparnasse
monte un garçon avec un croissante
qui mène joyeux à sa garçonne
(ah qu’elle est bon ah qu’elle est bon)
Lui pousse le vent de Montparnasse.

Sur l’escalier de Montparnasse
monte le peintre avec les brosses
(ah qu’ils sont grosses ah qu’ils son grosses)
Il va donner l’art e le coeur
a toutes les filles du quartier.
Lui pousse le vent de Montparnasse

Sur l’escalier de Montparnasse
monte la dame comme il faut
elle va chercher son gigolot
qui embrassera sans dire un mot.
(ah que impatience ah que impatience)
De Montparnasse elle pousse le vent 


(seguono altre strofe che, trattandosi di Brassens, potrebbero essere tranquillamente una ventina, se non di più)


Dans les maisons de Montparnasse
Monte le garçon sur la garçonne
Monte le peintre sur jeunes filles
Monte la dame sur son amant.
(Ah, mais l'auteur de cette chanson
Il est cochon Il est cochon!
Lui pousse le vent de Montparnasse)

(ora, all’improvviso: solo il contrabbasso, molto piano, accompagnato da un tamburo, funereo; sulla seconda strofa entra di nuovo la chitarra, ma sempre molto piano, lenta; il giro di accordi è lo stesso, però volto in minore)

Sur l’escalier de Montparnasse
dorme un clochard, un sans abri.
Ou peut-être pas, il ne dort pas,
lui a tuè le vent de Montparnasse.
Demain, demain, quatre fossoyeurs
et deux gendarmes ils vont le prendre
Le vent les pousse, de Montparnasse 
au cimetière.

La dame regard
Le peintre regard
aussi les filles, le gigolot.
Ce qui se passe? ce qui se passe? 
C'est un clochard, just un clochard.
Le vent, nous pousse de Montparnasse…
bien, allons-y! Dépêchons-nous! 

martedì 13 marzo 2012

Capitolo quellochevolete


  1. Che a Maurinha piacesse il vento lo sapeva tutta Bahia. Lo sapevano giù al porto e lo sapevano in canonica. La più vecchia mãe de santo, quella del terreiro di Ribeira, raccontava che la stessa Menininha, la grande Mãe del terreiro do Gantois, aveva raccontato a una sua zia, morta in odore si santità (anche se lei continuava a giurare su Obatala, padre di tutti gli orixa, che era stata l’amante di Odoacre, quello della farmacia di Bomfin) e quindi degna di fede, che Maurinha fosse figlia di Zaira. Zaira, Zaira: proprio lei! La negra che batteva al porto. Di Zaira sì, certamente. Ma il padre? Il padre, diceva la vecchia, era Mauro, il mulatto trovato sulla spiaggia, neonato, che già rideva e che a un anno già toccava il culo alle signore del bordello che lo avevano adottato e cresciuto. E tutti, proprio tutti, dicevano che Mauro avesse il vento dentro di sé. Certo, il vento! Perché era figlio di Oyá, che comanda al vento e di Oxumarê che comanda pioggia e arcobaleno. Oppure - nella versione meno fantasiosa, quella che circolava nella Città Alta - di un pescatore bellissimo che i giornali avevano dato per morto ma tutti sapevano che se l’era rapito Oyá e l’aveva portato nel vento, per godere di lui. Rimasta incinta, per non incorrere nelle ire di Obatala, aveva nascosto la gravidanza e poi, con l’aiuto di Yemaja, che comanda il mare e ama l’amore, lo aveva affidato ad un onda, alla spiaggia e… alle puttane.
    Per questo Mauro era cresciuto bello e sano, malgrado le schifezze che gli davano da mangiare al bordello. E soprattutto era venuto su donnaiolo e sottaniere come nessun altro, abituato fin da piccolo alle compagnie scostumate e soprattutto edotto nell’arte della seduzione dalle sue “madri” (si fa per dire, che Dio ci scampi…) adottive. Le beghine della Barroquinha dicevano che, compiuti i trent’anni, Mauro avesse già posseduto un’infinità di donne, tra bianche, nere e mulatte: 640 al quartiere di Santo Antonio, 231 al Pelourinho, 100 in Saude, 91 in Pituba e in Barroquinha almeno 1003. Tra queste, ovviamente, Zaira che, benedetta donna, era più facile farci l’amore che discuterci, per il caratteraccio che aveva; ma che era bella, ma così bella che perfino Ogum, che comanda al ferro e alla guerra e per questo è un orixa serio, pare gli avesse messo gli occhi addosso.
    Insomma, per farla breve, Maurinha era figlia di Mauro, il mulatto col vento dentro, e nipote di Oyá, che al vento lo comanda; così che sua bisnonna, tanto per capirci, era la stessa Yemaja, che comanda al mare e ama l’amore e, tra tutti gli dei, è certamente quella che ama di più Bahia e la sua gente povera e allegra. E che a Maurinha piacesse il vento,tutti lo potevano vedere. E che gli piacesse un bè era proprio evidente.

    (Mi fermo qui perché è faticosissimo, con tutto il pantheon yoruba e la topografia di Sao Salvador da consultare in continuazione).
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  2. ci devo pensare su, per adesso trascrivo la storia che ha raccontato Sara al compleanno della nonna di Ciocci:

    "C'era una volta una povera virgola che per colpa di uno scolaro disattento era capitata al posto di un punto dopo l'ultima parola del componimento. La poverina, da sola, doveva reggere il peso di cento paroloni, alcuni perfino con l'accento, per la fatica atroce morì. Fu seppellita sotto la croce della matita blu del maestro e invece di crisantemi sempreverdi [sic] aveva un mazzetto di punti esclamativi"
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  3. Va bene, ecco qua
    "Le cose hanno vita propria," proclamava lo zingaro con aspro accento, "si tratta soltanto di risvegliargli l'anima." Mauro, la cui smisurata immaginazione andava sempre più lontano dell'ingegno della natura, e ancora più in là del miracolo e della magia, pensò che era possibile servirsi di quella invenzione inutile per sviscerare l'oro della terra. Melquìades, che era un uomo onesto, lo prevenne: "Per quello non serve." Ma a quel tempo Mauro non credeva nell'onestà degli zingari, e così barattò il suo mulo e una partita di capri coi due lingotti calamitati. Ursula Iguaran, sua moglie, che faceva conto su quegli animali per rimpinguare il deteriorato patrimonio domestico, non riuscì a dissuaderlo. "Molto presto ci avanzerà tanto oro da lastricarne la casa," ribatté suo marito. Per parecchi mesi si ostinò a dimostrare la veracità delle sue congetture. Esplorò la regione a palmo a palmo, compreso il fondo del fiume, trascinando i due lingotti di ferro e recitando ad alta voce l'esorcismo di Melquíades. L'unica cosa che riuscì a dissotterrare fu una armatura del quindicesimo secolo con tutte le sue parti saldate da una crostaccia di ruggine, la cui cavità aveva la risonanza vacua di un'enorme zucca piena di sassi. Quando Mauro e i quattro uomini della sua spedizione riuscirono a disarticolare l'armatura, vi trovarono dentro uno scheletro calcificato che portava appeso al collo un reliquiario di rame con un ricciolo di donna.
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  4. Allora Roscia pensa che mentre gli Aureliani sono riservati, ma con discernimento lucido, i Josè Arcadio sono impulsivi e intraprendenti, ma marcati da un segno tragico...?
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  5. ehm cioè adesso non ricordo, sto cucinando, avevo studiato, così su due piedi...
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  6. stile Harmony:

    Mauro era socio in affari di John Landscape e suo unico vero amico. Curava le filiali europee delle undici aziende fondate da John, di cui possedeva un cospicuo numero di azioni. Aveva conosciuto tutte le mogli di John, le aveva conosciute molto bene, carnalmente, e quindi era perfettamente al corrente della scarsa virilità dell’amico. Con la più giovane, Jane Brightman, la storia non era ancora finita, la loro relazione era andata ben oltre la semplice scappatella che aveva avuto con Gina Power e Molly Beckett, l’attrazione sessuale era tale da costringere i due partner a regolari e impegnative full immersion di sesso selvaggio che potevano durare anche diverse settimane durante le quali non uscivano dalle stanze d’albergo neanche per mangiare, ordinavano pranzi e cene in camera per non perdere neanche un secondo di piacere.
    Lei gli aveva raccontato le sue fantasie erotiche dopo il loro primo incontro, quando era ancora sposata con John. Si trovavano a San Diego, in un albergo con vista sull’oceano e sulle navi da guerra della Marina militare degli Stati Uniti. Le stanze di Mauro e dei coniugi Landscape erano l’una di fronte all’altra e un pomeriggio lei lo aveva visto dalla finestra e ne era rimasta folgorata. Ricorda ancora le sue parole: «Avevi un fisico fantastico, ti divoravo con gli occhi. Sotto il telo di spugna i glutei apparivano sodi e perfetti, immaginavo la meraviglia che doveva essere toccarti, deglutivo eccitata al solo pensiero, desideravo passare le mani su ogni centimetro del tuo corpo maschio. Al solo pensiero, osservandoti dalla finestra, mi sentii sciogliere, le gambe tremanti, una voglia pazzesca di sesso. E come se agissero per proprio conto i piedi mi condussero fuori, in camera tua, il battito del cuore divenne frenetico, ogni sensazione si intensificò, l’ondata di calore mi coprì la pelle di un velo di sudore, il cervello smise di funzionare, bussai alla tua porta. Quando apristi il telo di spugna non c’era più, fu un momento indimenticabile, non avevo mai provato un tale, devastante desiderio, incontrollabile e così emozionante da provocare quasi un orgasmo. Un istante dopo ti mettevo le mani sulla vita e ti attiravo a me. E il piacere esplose. I miei seni contro i muscoli duri del torace, la tua erezione contro lo stomaco. Con un gemito mi appiccicai al tuo corpo come un francobollo accarezzandoti le spalle e la schiena. In risposta tu mi sollevasti un poco e incominciammo a muoverci su e giù mentre la mia bocca si schiudeva a mano a mano che il godimento cresceva, fino a raggiungere l’apice. Il calore dei nostri corpi fusi insieme si propagò fino al centro della mia femminilità».
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  7. giallo:

    La Cadillac, un’impeccabile limousine d’annata con targa del Connecticut, era posteggiata in un vialetto deserto a breve distanza dalla Santa Monica Freeway, nel tratto in cui scorre parallela all’Est Washington Boulevard. Al volante c’era un tizio con il viso rubizzo e i capelli bianchi, e accanto a lui una donna rotondetta, con un naso grazioso, prossima alla cinquantina. L’ispettore Mauro Matthew Thigh tolse la sicura dalla Colt Phyton 357 Magnum e si avviò lentamente verso la macchina. Attendeva quel momento da molto tempo, quel bastardo di John Landscape era finalmente in trappola.
    Giunto davanti ai Black Friars si aggiustò il soprabito specchiandosi alla porta d’ingresso del locale per evitare che si scorgesse la fondina, si accese il primo Partagas Coronas della giornata e riprese a camminare fino all’incrocio con Dave Street. La Cadillac distava solo una ventina di metri. L’ispettore Thigh diede una rapida occhiata all’orologio da tasca, una vecchia reliquia che gli aveva regalato John Andrew Bredtson poco prima di morire, l’aveva colpito alle spalle quella brutta canaglia che stava per arrestare. Erano le otto meno due minuti, tra qualche istante sarebbe arrivato. Diede una boccata al sigaro e fece due perfetti cerchi di fumo. Buon segno, pensò Thigh, il topo finirà nella tagliola.
    John Landscape arrivò puntuale alle otto, come stabilito. Era solo, veniva a piedi da Hogwood Street. Appena vide la Cadillac affrettò il passo, sembrava molto nervoso, forse annusava qualcosa o aveva solo una gran voglia di chiudere il cerchio, la donna aveva deciso finalmente di vuotare il sacco. Si accorse di Thigh quando ormai era tardi per scappare, rallentò il passo, quasi volesse prender tempo per riflettere sulla prossima mossa, e poi fece l’errore di mettere la mano in tasca. Fu un istante, il colpo gli attraversò la spalla sinistra tra la clavicola e la scapola scaraventandolo a terra.
    Thigh gli fu subito sopra, in pochi istanti gli tolse il revolver che aveva ancora in pugno e gli bloccò le braccia dietro la schiena, ma era una precauzione inutile, quel lurido farabutto stava tirando le cuoia. La Cadillac era partita a razzo, le ruote fischiavano ad ogni curva, ma per Thigh non era un problema, li avrebbe acciuffati più tardi, erano solo pesci piccoli ignari d’aver fatto da esca al boss di Santa Monica.
    “Il capolinea è arrivato, lurido bastardo”
    “Ti sbagli Thigh, è arrivato il tuo”
    Sentì la canna fredda di un revolver premergli la tempia, a giudicare dall’alito pesante di tabacco e whiskey dozzinale doveva essere di Frank Pescecane, il braccio destro di Landscape. L’ispettore Thigh gettò a terra la Colt Phyton 357 Magnum e alzò le mani. Non si aspettava d’essere colto alle spalle, doveva esser coperto da Smithson. Si voltò lentamente, accanto a Frank Pescecane c’era Tom Miserere, appena evaso dal penitenziario di San Diego, e poco oltre Joanna O’Connor, ex cubista del Babe & Ricky’s e attuale amante di John Landscape.